mercoledì 30 ottobre 2013

ARALDICA e DIRITTO NOBILIARE


Corso consigliato anche dal Collegio Araldico Romano, dalla Società Italiana di Studi Araldici e dalla Walser Uradel Kulturverein.

 


INAUGURATO CORSO DI PERFEZIONAMENTO  IN DIRITTO NOBILIARE E SCIENZE ARALDICHE

 

Sabato 5 ottobre 2013 alla presenza di Padre  Prof. Michael Ryan L.C. in rappresentanza del  Magnifico Rettore P. Jesus Villagrasa L.C.  dell’Ateno Pontificio Regina Apostolorum è stato  inaugurato presso l’Aula Magna il CORSO DI  PERFEZIONAMENTO IN DIRITTO NOBILIARE E  SCIENZE ARALDICHE.  

 

Numerose sono state le richieste di adesione e iscrizioni ragion per cui l’Ateno  ha deciso di prorogare i termini di iscrizione fino al prossimo 07 novembre  2013.

 

Il corso ha un profilo storico, etico e giuridico. Il corso prefigge come scopo il  chiarire sotto il profilo filosofico, etico e giuridico il concetto e l' "esercizio"  della Nobilità. Questo è necessario perché ci sono stati periodici tentativi di  sistemare sotto il profilo  ideologico e giuridico questa materia complessa e  perché chi maneggia codici e pandette rivendica di essere il più legittimato non  solo a designare "chi è nobile e perché" nei diversi ordinamenti, statali o  extrastatali, non solo a stabilire quale sarà il ruolo politico e sociale della  nobiltà, ma anche a conferire un sesto razionale alla congerie delle  consuetudini instaurate col trascorrere dei secoli. La vicenda del diritto nobiliare in Italia, a prima vista, sembra essersi conclusa  con l'approvazione della Costituzione repubblicana che, alla sua XIV  disposizione transitoria, afferma che  "I titoli nobiliari non sono riconosciuti".  In realtà così non è, dato che la medesima norma costituzionale continua  precisando che "I predicati di quelli esistenti prima dell'ottobre 1922 valgono  come parte del nome": da ciò tutta una serie di problemi relativi  all'accertamento dei predicati medesimi, alla necessità di chiarire cosa la  norma volesse intendere allorché si riferiva a quelli "esistenti" e altro.   Questioni queste, in realtà molto concrete che fanno si che lo studio del diritto  nobiliare oggi non sia " fine a sé stesso, ma posto al servizio dell'analisi e della  soluzione di diversi problemi giuridici, di natura pubblicistica e privatistica,  che ancora impegnano le corti di giustizia, pur se in modo umbratile e ignorato  dalle cronache".  Completa, infine, il quadro l'ulteriore alone di incertezza derivante dalla frase  finale della norma: "la legge regola la soppressione della Consulta araldica",  facendo cosi apparire ancora vivo, ancorché paralizzato, un organo tipico dell'  apparato amministrativo nobiliare del (già) Regno d'Italia.  L'interesse allo studio del diritto nobiliare appare, inoltre, in tutta la sua  evidenza sia a fronte delle innumerevoli farsesche rappresentazioni che di una  materia complessa ed articolata come questa talora vengono date da una  cronaca superficiale e pettegola, sia alla luce della considerazione che in esso è  racchiusa una infinita quantità di tradizioni, culture storiche, e vicende  generazionali delle quali il nostro Paese è particolarmente ricco.   

 

Per tutti questi motivi con l'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di  Roma l'Istituto Internazionale di Diritto Nobiliare Storia ed Araldica di  Viareggio ha deciso di promuovere l'apertura di un "CORSO DI  PERFEZIONAMENTO IN DIRITTO NOBILIARE E SCIENZE ARALDICHE"  finalizzato allo studio e alla divulgazione di questa interessante branca del  diritto, in collegamento con lo studio di quella Scienza dell'Araldica che, anche  se non necessariamente connessa con il mondo nobiliare, ne è stata  storicamente l'inseparabile compagna.  Il Corso avrà inizio il 05 ottobre 2013 e sarà articolato in lezioni concentrate ol  primo sabato di ogni mese (agosto escluso) per un totale di 80 ore.  Il corpo docente è composto da docenti universitari e da tecnici del settore.   Al termine del Corso, previa redazione di una tesi finale, verrà rilasciato un  "Attestato di  Qualificazione in Diritto Nobiliare e Scienza Araldica". La discussione della tesi avverrà in Roma via degli Aldobrandeschi n. 190  presso l'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Coloro che acquisiranno l'Attestato potranno ottenere l'iscrizione quali Periti  ed Esperti in Araldica presso le Camere di Commercio.  In presenza degli ulteriori requisiti previsti dall'apposito Regolamento  potranno ottenere la nomina a Procuratori legali arbitrali presso la Corte  Superiore di Giustizia Arbitrale, costituita presso l'Istituto.  

 

Il Comitato Scientifico di Direzione del Corso di Perfezionamento è costituito  dai seguenti docenti universitari:  1)     Prof. Avv. Raffaello Cecchetti (Università di Pisa) 2)     Prof. Avv. Riccardo Scarpa (Università Roma tre) 3)     Prof. Avv. Enrico Spagnesi (Università di Pisa)   Il coordinatore del Corso è il Dott. Prof. Emilio Petrini Mansi che rimane a  disposizione per qualsiasi tipo di informazione e delucidazione. Elenco delle materie del Corso di perfezionamento e le relative ore di  insegnamento: 1) Araldica ed Araldica Ecclesiastica ( 10 ore ) - Gen. C.C. Avv. Prof.      Domenico Libertini - 2) Diritto Nobiliare ( 10 ore ) - Prof. Avv. Raffaello Cecchetti -  3) Storia  degli Ordini Cavallereschi ( 10 ore) - Prof. Avv. Riccardo Scarpa -  4) Diritto dell'Arbitrato ( 10 ore)  - Prof. Dr. Emilio Petrini Mansi - 5) Istituzioni Medievali ( 10 ore)  - Prof. Avv. Enrico Spagnesi - 6) Archivistica ( 5 ore)  - Prof. Dr. Luca Fusai -  7) Grafologia e Paleografia ( 10 ore)  - Prof. Dr. Luca Fusai - 8) Storia e Metodologia della Genealogia ( 5 ore)  - Prof. Dr. Luca Fusai - 9) Storia della Chiesa ( 10 ore )  - Mons. Prof. Frà Giovanni Scarabelli

 

 

 

FREQUENZA: non è obbligatoria. Il Corso può essere seguito in presenza o E-learning e  tramite dispense fornite.  SEDE: PONTIFICIO ATENEO REGINA APOSTOLORUM VIA DEGLI ALDOBRANDESCHI,  190 ROMA.  Per informazioni ed eventuale pre-iscrizione si prega di contattare il nostro Studio ai numeri  telefonici (0039) 058450607 ; (0039) 0584361430 oppure inviare una  email  specificando nome, cognome, tipo di informazione richiesta e recapito telefonico al seguente  indirizzo:   info@studiolegaledidirittonobiliare.com.

 

In riferimento alla Legge del 31 dicembre 1996, n. 675 sulla Tutela delle Persone rispetto al  Trattamento dei Dati Personali - e successive modifiche ed integrazioni, sia l’attuale Decreto  Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, Codice in Materia di Protezione dei Dati Personali, il  nostro Studio si impegna a mantenere l'anonimato nel pieno rispetto della legge relativamente  agli elementi identificativi riportati nelle richieste pervenute tramite posta elettronica.

 
 

ARALDICA

Scienza ausiliaria della storia che ha origine in Germania, l’Araldica riveste  particolare importanza per il periodo dal Medioevo all’Età moderna, ma è  ancora attuale, come afferma Fabrizio di Montauto nel suo manuale di  Araldica edito da Polistampa nel 1999 .  L’Araldica è la disciplina degli Araldi, come ricorda Goffredo di Crollalanza  nell’Enciclopedia Araldico Cavalleresca ristampata da Forni nel 1999, tra cui segnala tra i  più rappresentativi il Ménéstrier, il Cartari, Wulson de la Colombière e Marcantonio  Ginanni un grande archeologo, araldista, perfetto blasonatore e compilatore, riassunse  l’araldica ed il blasone con queste parole: “Tutta quest’arte ossia scienza del Blasone è la  cognizione di tutto ciò che spetta all’arme, ed alle leggi e regolamenti di essa, che consiste:  Nel Campo dell’Arme, nelle Figure, che le compongono, nella disposizione di esse figure,  negli smalti o colori loro, e negli ornamenti esteriori, che accompagnano le Armi. Da tutte  queste cose, che sono Figure araldiche, vien composto il Blasone”.  L’Araldica, quindi, studia gli stemmi, termine talvolta sostituito da “arma o arme” al  singolare ed “armi” al plurale. La descrizione degli Stemmi, compito degli Araldi o  Araldisti, è detta “blasonatura”. Gli Araldi  dovevano conoscere tutte le usanze e tutte le  leggi che regolavano le armi gentilizie, studiare i diritti della nobiltà, l’antichità delle  famiglie, le insegne e le livree che le distinguevano, impedire l’usurpazione dei titoli ed  osservare il mantenimento delle prerogative dei gentiluomini. Conservavano i registri  genealogici e gli armorali. Blasonavano le armi dei cavalieri. Unici giudici competenti in  fatto di blasone, stabilivano le leggi cui le armi dovevano andar soggette, regolavano le  figure che ciascuna famiglia poteva e doveva portare e riconoscevano la regolarità delle  prove genealogiche e dei titoli acquisiti. Ragion per cui l’Araldica è l’arte che  compone le  divisioni dello scudo, immagina esseri fantastici, scruta nella mitologia, nella storia,  nell’archeologia, nelle matematiche, nelle scienze fisiche, nel costume dei popoli per trarne  figure ed insegne, e traccia con segni emblematici sugli scudi delle famiglie, delle città e  delle nazioni le vicende, l’appellazione, i titoli e le particolarità di esse, mediante un mezzo  ausiliario della storia conosciuto da tutti, il simbolo. Nel Medioevo, le armi furono  d’iniziativa privata e non di concessione sovrana se non per quei simboli e segni  prettamente spettanti alle Case Sovrane, come l’aquila imperiale, i fiordalisi di Francia, i  leopardi d’Inghilterra, i pali d’Aragona, il Capo d’Angiò ecc. Tra le famiglie per distinguere  dal ramo principale i rami secondari della famiglia, veniva introdotta le cosiddetta  “brisura”, ossia pezza araldica, come pure aggiunte figure o variati smalti per ricordare le  imprese, senza bisogno di particolari concessioni.   Il contenuto delle Armi è variato nel tempo, quelle più antiche sono le più semplici: dei  troncati, trinciati o tagliati, partiti, e raramente contengono figure. Usualmente, poi,  presentano il colore nella parte superiore e il metallo in quella inferiore, probabilmente  per l’uso primitivo di sormontare lo scudo (metallo) con un panno di colore. Riguardo alle  armi agalmoniche e in particolare quelle parlanti le armi più semplici, con figure singole o  poco numerose e ben delineate, sono le migliori e prevalgono a Venezia, Firenze e Siena.  Lo studio delle armi comprende lo scudo e i suoi ornamenti, che sono l’elmo, corona,  cimiero, lambrecchini, sostegni, tenenti ecc., ma principalmente il contenuto dello scudo:  campo, smalti, partizioni, figure o pezze araldiche, figure ordinarie e linee di contorno.

DIRITTO NOBILIARE

Consulta Araldica.  R. R. Decreti 2-5 luglio 1896 – N.313 e 314.  E’ stabilita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri per dare pareri ed avvisi al  governo sui diritti garantiti dall’art. 79 dello Statuto fondamentale del Regno e sulle  domande e questioni concernenti materie nobiliari ed araldiche.  Ufficio Araldico. Riceveva le istanze di natura nobiliare od araldica e, accertato il  pagamento del prescritto deposito, le rimetteva al Commissario del Re. Articolo 79 dello Statuto Albertino: “I titoli nobiliari sono mantenuti a coloro che vi hanno  diritto”. La Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite in causa Consulta Araldica – Sabini sulla  eccezione di incompetenza sollevata dall’Avvocato Erariale nell’interesse della Consulta  Araldica respinse tale eccezione, ordinando che il solo magistrato era idoneo a decidere  (18/3/1905). Per le annotazioni in calce od a margine dei titoli e predicati nobiliari il  Tribunale Civile di Udine, in data 17/12/1954 N. 211, Ruolo N. 5754 – Rep. 985 – 234/1, in  Camera di Consiglio, su domanda di Pietro Formentini, per l’annotazione ai sensi della  Disposizione XIV della Costituzione e degli articoli 66 e seguenti del vigente Ordinamento  dello Stato Civile del titolo e del predicato nobiliare di Conte del Sacro Romano Impero,  ordinò all’ufficiale dello Stato Civile di Udine l’annotazione reclamata. Ed essendo  l’esponente Colonnello nell’Arma Aereonautica, il Ministero della Difesa sottopose alla  firma del Capo dello Stato, il Prof. S. E. Einaudi, il Decreto che ordinava le variazioni nel  fascicolo personale del detto ufficiale superiore e l’applicazione della ottenuta Sentenza.  Così il Capo dello Stato, quale Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, disse  l’utile ultima parola, interpretative del primo comma della Disposizione XIV che suona: << I titoli nobiliari non sono riconosciuti. I predicati di quelli esistenti prima del ventotto  ottobre 1922, valgono come parte del nome. La legge regola la soppressione della Consulta  Araldica >>. La Consulta Araldica efficiente e vitale come organo consultivo (non deliberativo) in  regime monarchico è per l’ultimo comma della ricordata Disposizione XIV soppressa con la  parola << regola >> altrimenti il legislatore avrebbe detto << regolerà >>. Ma anche in  questo caso osta alla emanazione di una legge ad hoc la successiva Disposizione XVI che  dice: << Entro un anno dall’Entrata in vigore della Costituzione (1° gennaio 1948) si  procede alla revisione e al coordinamento con essa delle precedenti leggi costituzionali che  non siano state finora esplicitamente od implicitamente abrogate >>. Manca infatti a questo Ente il Presidente e con lui, già autorevoli membri di diritto, quali il  Commissario del Re, il Cancelliere, i Presidenti della Corte di Cassazione, del Consiglio di  Stato, della Corte dei Conti, i Presidenti delle Corti di Appello. L’illustre giurista Avv. Buccino in proposito (Foro Italiano – 1957 – pagina 1695) così si  esprime: << Nella Disposizione XIV il Costituente, che pur non è stato felice nel  formularla, ha stabilito inequivocabilmente che la cognomizzazione dei predicati è limitata  solo a quella dei titoli esistenti al 28/10/1922. Per poter seguire l’indagine è indispensabile  risalire alla legge fondamentale dello Stato Italiano e cioè allo Statuto Albertino del 1848 la  cui efficacia, com’è noto, venne estesa a tutto il territorio nazionale dopo i plebisciti.  L’articolo 79 dello Statuto Albertino sanciva: << I titoli nobiliari sono mantenuti a coloro  che vi hanno diritto >>. Dalla esegesi della norma statutaria risultano i seguenti punti  fondamentali : a) i titoli nobiliari per chi ne è spettatario costituiscono dei diritti. b) i titoli  nobiliari sono conservati agli spettatori (o possessori legittimi). Conseguentemente per accertare l’esistenza e quindi la spettanza di un titolo nobiliare è  necessario risalire: 1) Alle norme contenute nei singoli atti di concessione, la cui efficacia è sempre da  considerarsi ex tunc; 2) Alle norme di diritto sostanziale vigente in materia nobiliare nei singoli Stati  preunitari. Coerentemente alla esaminata norma statutaria il legislatore si limitò solo a creare un  organo (Consulta Araldica), che adempisse alla funzione Consultiva dello Stato in materia  nobiliare e che tenesse un registro nel quale dovessero essere annotati, insieme a coloro  che erano iscritti in registri analoghi nei singoli Stati preunitari, quelli ancora viventi che  avrebbero avuto titolo o ottenuto dichiarazione di nobiltà, nonché quelli di cui sarà  riconosciuto il diritto dalla Consulta con dichiarazione resa esecutoria dal Ministero  dell’Interno (R. D. 10/10/1869, N. 5318). Da ciò risulta che nessun termine di prescrizione o di decadenza fu imposto dal legislatore  per coloro che non si fossero resi diligenti a richiedere il riconoscimento. Il Prof. Nicola Coviello, Ordinario di Diritto Civile nell’Università di Catania, nel suo  pregevole Manuale di Diritto Civile scrive: << … per l’uso dei titoli nobiliari e l’esercizio  anche giudiziale del diritto a portarli non occorre il riconoscimento della Consulta  Araldica >>,   aggiungendo che il riconoscimento compiuto dalla Consulta Araldica, non  costituisce modo acquisitivo del diritto. Il titolo nobiliare, o meglio il diritto al titolo  nobiliare è quindi da ritenersi esistente o meno al 28 ottobre 1922, a prescindere  assolutamente dall’essere stato, o meno, oggetto di riconoscimento. Il riconoscimento non è certamente, come si è rilevato, un modo d’acquisto del diritto al  titolo nobiliare. E non solo il titolo nobiliare e quindi il predicato aveva in sé le note oggettive per essere  riguardato come degno di tutela, ma era considerato un diritto pieno e perfetto dalla legge  fondamentale dello Stato, a prescindere dal suo riconoscimento. Anche in regime di Monarchia il giudice ordinario era il solo competente a conoscere delle  controversie relative ai titoli nobiliari e non solo quando tali controversie sorgevano tra  privati, ma quando la Consulta Araldica, il Ministero dell’Interno, la Presidenza del  Consiglio dei Ministri, denegavano ad un cittadino il provvedimento di giustizia richiesto. Il supremo patrimonio del cittadino è il nome familiare. Nessuna legge può sopprimere,  abolire, decurtare un nome di famiglia, reso più o meno illustre per donativo del Principe. Ed il nome patronimico deve restare ai legittimi discendenti di persona che, per alte  benemerenze verso la Patria, in ogni campo: toga, lettere, arti, scienze, armi, ottenne che il  proprio cognome fosse ampliato con sovrana risoluzione a carattere ereditario.

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