Corso
consigliato anche dal Collegio Araldico Romano, dalla Società Italiana di Studi
Araldici e dalla Walser Uradel Kulturverein.
INAUGURATO
CORSO DI PERFEZIONAMENTO IN DIRITTO
NOBILIARE E SCIENZE ARALDICHE
Sabato
5 ottobre 2013 alla presenza di Padre Prof.
Michael Ryan L.C. in rappresentanza del Magnifico
Rettore P. Jesus Villagrasa L.C. dell’Ateno
Pontificio Regina Apostolorum è stato inaugurato
presso l’Aula Magna il CORSO DI PERFEZIONAMENTO
IN DIRITTO NOBILIARE E SCIENZE
ARALDICHE.
Numerose sono state le
richieste di adesione e iscrizioni ragion per cui l’Ateno ha
deciso di prorogare i termini di iscrizione fino al prossimo 07 novembre 2013.
Il
corso ha un profilo storico, etico e giuridico. Il corso prefigge come scopo il
chiarire sotto il profilo filosofico,
etico e giuridico il concetto e l' "esercizio" della Nobilità. Questo è necessario perché ci
sono stati periodici tentativi di sistemare
sotto il profilo ideologico e giuridico questa materia complessa e perché chi maneggia codici e pandette
rivendica di essere il più legittimato non solo a designare "chi è nobile e perché"
nei diversi ordinamenti, statali o extrastatali,
non solo a stabilire quale sarà il ruolo politico e sociale della nobiltà, ma anche a conferire un sesto
razionale alla congerie delle consuetudini
instaurate col trascorrere dei secoli. La vicenda del diritto nobiliare in
Italia, a prima vista, sembra essersi conclusa con l'approvazione della Costituzione
repubblicana che, alla sua XIV disposizione
transitoria, afferma che "I titoli nobiliari non sono
riconosciuti". In realtà così non
è, dato che la medesima norma costituzionale continua precisando che "I predicati di quelli
esistenti prima dell'ottobre 1922 valgono come parte del nome": da ciò tutta una
serie di problemi relativi all'accertamento
dei predicati medesimi, alla necessità di chiarire cosa la norma volesse intendere allorché si riferiva a
quelli "esistenti" e altro. Questioni queste, in realtà molto concrete che
fanno si che lo studio del diritto nobiliare
oggi non sia " fine a sé stesso, ma posto al servizio dell'analisi e della
soluzione di diversi problemi giuridici,
di natura pubblicistica e privatistica, che
ancora impegnano le corti di giustizia, pur se in modo umbratile e ignorato dalle cronache". Completa, infine, il quadro l'ulteriore alone
di incertezza derivante dalla frase finale
della norma: "la legge regola la soppressione della Consulta
araldica", facendo cosi apparire
ancora vivo, ancorché paralizzato, un organo tipico dell' apparato amministrativo nobiliare del (già)
Regno d'Italia. L'interesse allo studio del
diritto nobiliare appare, inoltre, in tutta la sua evidenza sia a fronte delle innumerevoli
farsesche rappresentazioni che di una materia
complessa ed articolata come questa talora vengono date da una cronaca superficiale e pettegola, sia alla
luce della considerazione che in esso è racchiusa
una infinita quantità di tradizioni, culture storiche, e vicende generazionali delle quali il nostro Paese è
particolarmente ricco.
Per
tutti questi motivi con l'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma l'Istituto Internazionale di Diritto
Nobiliare Storia ed Araldica di Viareggio
ha deciso di promuovere l'apertura di un "CORSO DI PERFEZIONAMENTO IN DIRITTO NOBILIARE E SCIENZE
ARALDICHE" finalizzato allo studio
e alla divulgazione di questa interessante branca del diritto, in collegamento con lo studio di
quella Scienza dell'Araldica che, anche se
non necessariamente connessa con il mondo nobiliare, ne è stata storicamente l'inseparabile compagna. Il Corso avrà inizio il 05 ottobre 2013 e sarà
articolato in lezioni concentrate ol primo
sabato di ogni mese (agosto escluso) per un totale di 80 ore. Il corpo docente è composto da docenti
universitari e da tecnici del settore. Al termine del Corso, previa redazione di una
tesi finale, verrà rilasciato un "Attestato
di Qualificazione in Diritto Nobiliare e Scienza Araldica". La
discussione della tesi avverrà in Roma via degli Aldobrandeschi n. 190 presso l'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.
Coloro che acquisiranno l'Attestato potranno ottenere l'iscrizione quali Periti
ed Esperti in Araldica presso le Camere
di Commercio. In presenza degli
ulteriori requisiti previsti dall'apposito Regolamento potranno ottenere la nomina a Procuratori
legali arbitrali presso la Corte Superiore
di Giustizia Arbitrale, costituita presso l'Istituto.
Il
Comitato Scientifico di Direzione del Corso di Perfezionamento è costituito dai seguenti docenti universitari: 1)
Prof. Avv. Raffaello Cecchetti (Università di Pisa) 2)
Prof. Avv. Riccardo Scarpa (Università Roma tre) 3)
Prof. Avv. Enrico Spagnesi (Università di Pisa) Il coordinatore del Corso è il Dott.
Prof. Emilio Petrini Mansi che rimane a disposizione
per qualsiasi tipo di informazione e delucidazione. Elenco delle materie del
Corso di perfezionamento e le relative ore di insegnamento: 1) Araldica ed Araldica
Ecclesiastica ( 10 ore ) - Gen. C.C. Avv. Prof. Domenico Libertini - 2) Diritto Nobiliare ( 10
ore ) - Prof. Avv. Raffaello Cecchetti - 3) Storia degli Ordini Cavallereschi (
10 ore) - Prof. Avv. Riccardo Scarpa - 4)
Diritto dell'Arbitrato ( 10 ore) - Prof. Dr. Emilio Petrini Mansi - 5) Istituzioni
Medievali ( 10 ore) - Prof. Avv. Enrico Spagnesi - 6) Archivistica ( 5
ore) - Prof. Dr. Luca Fusai - 7) Grafologia
e Paleografia ( 10 ore) - Prof. Dr. Luca Fusai - 8) Storia e Metodologia
della Genealogia ( 5 ore) - Prof. Dr. Luca Fusai - 9) Storia della Chiesa
( 10 ore ) - Mons. Prof. Frà Giovanni Scarabelli
FREQUENZA: non è obbligatoria. Il Corso può essere
seguito in presenza o E-learning e tramite
dispense fornite. SEDE: PONTIFICIO ATENEO REGINA APOSTOLORUM VIA
DEGLI ALDOBRANDESCHI, 190 ROMA. Per informazioni ed eventuale pre-iscrizione si prega di contattare il
nostro Studio ai numeri telefonici (0039) 058450607 ; (0039) 0584361430 oppure inviare una email specificando nome, cognome, tipo di
informazione richiesta e recapito telefonico al seguente indirizzo: info@studiolegaledidirittonobiliare.com.
In
riferimento alla Legge del 31 dicembre 1996, n. 675 sulla Tutela delle Persone
rispetto al Trattamento dei Dati
Personali - e successive modifiche ed integrazioni, sia l’attuale Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, Codice in
Materia di Protezione dei Dati Personali, il nostro Studio si impegna a mantenere
l'anonimato nel pieno rispetto della legge relativamente agli elementi identificativi riportati nelle richieste pervenute tramite
posta elettronica.
ARALDICA
Scienza ausiliaria della storia che ha origine in
Germania, l’Araldica riveste particolare importanza per il periodo dal Medioevo
all’Età moderna, ma è ancora attuale, come afferma Fabrizio di Montauto
nel suo manuale di Araldica edito da Polistampa nel 1999 . L’Araldica è la
disciplina degli Araldi, come ricorda Goffredo di Crollalanza nell’Enciclopedia
Araldico Cavalleresca ristampata da Forni nel 1999, tra cui segnala tra i più rappresentativi il
Ménéstrier, il Cartari, Wulson de la Colombière e Marcantonio Ginanni un grande
archeologo, araldista, perfetto blasonatore e compilatore, riassunse l’araldica ed il blasone
con queste parole: “Tutta quest’arte ossia scienza del Blasone è la cognizione di tutto ciò
che spetta all’arme, ed alle leggi e regolamenti di essa, che consiste: Nel Campo dell’Arme,
nelle Figure, che le compongono, nella disposizione di esse figure, negli smalti o colori
loro, e negli ornamenti esteriori, che accompagnano le Armi. Da tutte queste cose, che sono Figure araldiche, vien
composto il Blasone”. L’Araldica, quindi, studia gli stemmi, termine
talvolta sostituito da “arma o arme” al singolare ed “armi” al plurale. La descrizione
degli Stemmi, compito degli Araldi o Araldisti, è detta “blasonatura”. Gli Araldi
dovevano conoscere tutte le usanze e tutte le leggi che regolavano le armi gentilizie, studiare i
diritti della nobiltà, l’antichità delle famiglie, le insegne e le livree che le
distinguevano, impedire l’usurpazione dei titoli ed osservare il mantenimento
delle prerogative dei gentiluomini. Conservavano i registri genealogici e gli
armorali. Blasonavano le armi dei cavalieri. Unici giudici competenti in fatto di blasone,
stabilivano le leggi cui le armi dovevano andar soggette, regolavano le figure che ciascuna
famiglia poteva e doveva portare e riconoscevano la regolarità delle prove genealogiche e dei
titoli acquisiti. Ragion per cui l’Araldica è l’arte che compone le divisioni dello scudo,
immagina esseri fantastici, scruta nella mitologia, nella storia, nell’archeologia, nelle
matematiche, nelle scienze fisiche, nel costume dei popoli per trarne figure ed insegne, e
traccia con segni emblematici sugli scudi delle famiglie, delle città e delle nazioni le vicende,
l’appellazione, i titoli e le particolarità di esse, mediante un mezzo ausiliario della storia
conosciuto da tutti, il simbolo. Nel Medioevo, le armi furono d’iniziativa privata e
non di concessione sovrana se non per quei simboli e segni prettamente spettanti
alle Case Sovrane, come l’aquila imperiale, i fiordalisi di Francia, i leopardi d’Inghilterra, i
pali d’Aragona, il Capo d’Angiò ecc. Tra le famiglie per distinguere dal ramo principale i
rami secondari della famiglia, veniva introdotta le cosiddetta “brisura”, ossia pezza
araldica, come pure aggiunte figure o variati smalti per ricordare le imprese, senza bisogno di particolari concessioni. Il contenuto delle
Armi è variato nel tempo, quelle più antiche sono le più semplici: dei troncati, trinciati o
tagliati, partiti, e raramente contengono figure. Usualmente, poi, presentano il colore
nella parte superiore e il metallo in quella inferiore, probabilmente per l’uso primitivo di
sormontare lo scudo (metallo) con un panno di colore. Riguardo alle armi agalmoniche e in
particolare quelle parlanti le armi più semplici, con figure singole o poco numerose e ben
delineate, sono le migliori e prevalgono a Venezia, Firenze e Siena. Lo studio delle armi
comprende lo scudo e i suoi ornamenti, che sono l’elmo, corona, cimiero, lambrecchini,
sostegni, tenenti ecc., ma principalmente il contenuto dello scudo: campo, smalti,
partizioni, figure o pezze araldiche, figure ordinarie e linee di contorno.
DIRITTO NOBILIARE
Consulta Araldica. R. R.
Decreti 2-5 luglio 1896 – N.313 e 314. E’ stabilita presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri per dare pareri ed avvisi al governo sui
diritti garantiti dall’art. 79 dello Statuto fondamentale del Regno e sulle domande e
questioni concernenti materie nobiliari ed araldiche. Ufficio
Araldico. Riceveva le istanze di natura nobiliare od araldica e, accertato il pagamento
del prescritto deposito, le rimetteva al Commissario del Re. Articolo
79 dello Statuto Albertino: “I titoli nobiliari sono mantenuti a coloro che vi
hanno diritto”. La Suprema Corte di Cassazione
a Sezioni Unite in causa Consulta Araldica – Sabini sulla eccezione
di incompetenza sollevata dall’Avvocato Erariale nell’interesse della Consulta Araldica
respinse tale eccezione, ordinando che il solo magistrato era idoneo a decidere (18/3/1905). Per le annotazioni in calce od
a margine dei titoli e predicati nobiliari il Tribunale Civile di Udine, in
data 17/12/1954 N. 211, Ruolo N. 5754 – Rep. 985 – 234/1, in Camera di
Consiglio, su domanda di Pietro Formentini, per l’annotazione ai sensi della Disposizione
XIV della Costituzione e degli articoli 66 e seguenti del vigente Ordinamento dello
Stato Civile del titolo e del predicato nobiliare di Conte del Sacro Romano
Impero, ordinò all’ufficiale dello Stato Civile di Udine l’annotazione
reclamata. Ed essendo l’esponente Colonnello
nell’Arma Aereonautica, il Ministero della Difesa sottopose alla firma del
Capo dello Stato, il Prof. S. E. Einaudi, il Decreto che ordinava le variazioni
nel fascicolo personale del detto
ufficiale superiore e l’applicazione della ottenuta Sentenza. Così il
Capo dello Stato, quale Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura,
disse l’utile ultima parola, interpretative del
primo comma della Disposizione XIV che suona: << I titoli nobiliari non
sono riconosciuti. I predicati di quelli esistenti prima del ventotto ottobre
1922, valgono come parte del nome. La legge regola la soppressione della
Consulta Araldica >>. La
Consulta Araldica efficiente e vitale come organo consultivo (non deliberativo)
in regime monarchico è per
l’ultimo comma della ricordata Disposizione XIV soppressa con la parola
<< regola >> altrimenti il legislatore avrebbe detto <<
regolerà >>. Ma anche in questo caso osta alla
emanazione di una legge ad hoc la successiva Disposizione XVI che dice:
<< Entro un anno dall’Entrata in vigore della Costituzione (1° gennaio
1948) si procede alla revisione e al
coordinamento con essa delle precedenti leggi costituzionali che non siano
state finora esplicitamente od implicitamente abrogate >>. Manca
infatti a questo Ente il Presidente e con lui, già autorevoli membri di
diritto, quali il Commissario del Re, il
Cancelliere, i Presidenti della Corte di Cassazione, del Consiglio di Stato, della
Corte dei Conti, i Presidenti delle Corti di Appello. L’illustre
giurista Avv. Buccino in proposito (Foro Italiano – 1957 – pagina 1695) così si
esprime: << Nella
Disposizione XIV il Costituente, che pur non è stato felice nel formularla,
ha stabilito inequivocabilmente che la cognomizzazione dei predicati è limitata
solo a quella dei titoli
esistenti al 28/10/1922. Per poter seguire l’indagine è indispensabile risalire
alla legge fondamentale dello Stato Italiano e cioè allo Statuto Albertino del
1848 la cui efficacia, com’è noto,
venne estesa a tutto il territorio nazionale dopo i plebisciti. L’articolo 79 dello Statuto Albertino sanciva: <<
I titoli nobiliari sono mantenuti a coloro che vi
hanno diritto >>. Dalla esegesi della norma statutaria risultano i
seguenti punti fondamentali : a) i titoli
nobiliari per chi ne è spettatario costituiscono dei diritti. b) i titoli nobiliari sono conservati agli spettatori (o
possessori legittimi). Conseguentemente
per accertare l’esistenza e quindi la spettanza di un titolo nobiliare è necessario risalire: 1) Alle norme contenute nei
singoli atti di concessione, la cui efficacia è sempre da considerarsi ex tunc; 2) Alle norme di diritto
sostanziale vigente in materia nobiliare nei singoli Stati preunitari. Coerentemente alla esaminata norma statutaria il legislatore
si limitò solo a creare un organo (Consulta Araldica), che
adempisse alla funzione Consultiva dello Stato in materia nobiliare
e che tenesse un registro nel quale dovessero essere annotati, insieme a coloro
che erano iscritti in registri
analoghi nei singoli Stati preunitari, quelli ancora viventi che avrebbero
avuto titolo o ottenuto dichiarazione di nobiltà, nonché quelli di cui sarà riconosciuto
il diritto dalla Consulta con dichiarazione resa esecutoria dal Ministero dell’Interno
(R. D. 10/10/1869, N. 5318). Da ciò risulta che nessun termine di prescrizione o di decadenza fu
imposto dal legislatore per coloro che non si fossero resi diligenti a richiedere il riconoscimento. Il Prof.
Nicola Coviello, Ordinario di Diritto Civile nell’Università di Catania, nel
suo pregevole Manuale di Diritto
Civile scrive: << … per l’uso dei titoli nobiliari e l’esercizio anche
giudiziale del diritto a portarli non occorre il riconoscimento della Consulta Araldica >>,
aggiungendo che il riconoscimento compiuto dalla Consulta Araldica, non costituisce modo acquisitivo
del diritto. Il titolo nobiliare, o meglio il diritto al titolo nobiliare
è quindi da ritenersi esistente o meno al 28 ottobre 1922, a prescindere assolutamente dall’essere stato, o meno, oggetto di
riconoscimento. Il riconoscimento non è certamente, come si
è rilevato, un modo
d’acquisto del diritto al titolo nobiliare. E non solo il titolo nobiliare e quindi il predicato aveva
in sé le note oggettive per essere riguardato come degno di
tutela, ma era considerato un diritto pieno e perfetto dalla legge fondamentale
dello Stato, a prescindere
dal suo riconoscimento. Anche in
regime di Monarchia il giudice ordinario era il solo competente a conoscere
delle controversie relative ai titoli
nobiliari e non solo quando tali controversie sorgevano tra privati,
ma quando la Consulta Araldica, il Ministero dell’Interno, la Presidenza del Consiglio
dei Ministri, denegavano ad un cittadino il provvedimento di giustizia
richiesto. Il supremo patrimonio del cittadino è il nome familiare.
Nessuna legge può sopprimere, abolire, decurtare un nome di
famiglia, reso più o meno illustre per donativo del Principe. Ed il
nome patronimico deve restare ai legittimi discendenti di persona che, per alte
benemerenze verso la Patria, in
ogni campo: toga, lettere, arti, scienze, armi, ottenne che il proprio
cognome fosse ampliato con sovrana risoluzione a carattere ereditario.