Un uomo di un'altra epoca. Che seppe vivere nella nostra. Il 17 aprile dell'anno scorso, a causa di un ictus, trapassava a Parigi René Resciniti de Says. Aveva avuto il suo battesimo di scontro in piazza nel 1967: fu subito un giovanissimo Camelot du Roi (letteralmente Strilloni del Re, in effetti il servizio d'ordine dell'Action Française). Di origine italiana da parte di madre, René amava l'Italia ma si sentiva appieno francese. Lo rammento in compagnia dell'allora inseparabile Philippe cantare ad ogni serata tra amici Douce France di Charles Trénet. Eternamente spiantato non si privava mai di rifornirsi dal sarto né di farsi confezionare scarpe su misura. Lo soprannominarono Néné - l'élégant. Monarchico convinto e nazionalista assoluto, René, uomo di gusto, di cultura, di arte, di gastronomia, fu soprattutto un guerriero. Non disertò mai la guerra civile che si stava snodando in più punti del pianeta e che aveva come bersagli da abbattere la cultura classica, la tradizione europea, la potenza e la coesione francese. René combatté, non proprio in senso figurato, a Parigi, in Africa, in Libano e in America Latina. Non aveva l'abitudine di raccontare le proprie gesta né di vantarsene. Molte di esse non le conosco ancora, di alcune ho saputo dopo la sua ascesa ai Campi Elisi. Ho conosciuto gente di tutte le latitudini, di ogni provenienza, di ogni lingua e di tutte le sensibilità. Raramente ho incontrato qualcuno che nel dopoguerra abbia unito pensiero e azione al punto di non aver attraversato la vita in modo fuggevole e impalpabile. Fu solo negli ultimi anni, anni di pace nella disfatta, di routine nell'inazione, di amarezza davanti al gregge dei contemporanei, che trascinò la sua vita senza alcun piacere d'esser sopravvissuto alle sue guerre. René ha vissuto con eleganza: sotto il vestito ci fu un uomo. Merce rara. (Gabriele Adinolfi)
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